Chiamati anche papassinas, pabassinos o papassinos, il loro nome deriva dalla parola dialettale pabassa, che in sardo significa uva passa. Si tratta di tipici dolcetti presenti su tutto il territorio della Sardegna, in particolare nella zona centrale, dei quali ogni paese ed ogni famiglia custodiscono la propria ricetta, ma sempre con la costante presenza dell’uva passa. Un tempo la loro preparazione era legata alla stagione autunnale, periodo nel quale, in seguito alla vendemmia, si avevano a disposizione l’uva e il mosto. Le varietà di uva prive di semi e ricche di zuccheri, come ad esempio quella sultanina, venivano sottoposte ad un procedimento di essiccazione, per ottenere l’uva passa, che in questo modo poteva essere conservata per lunghi periodi. Invece con il mosto d’uva bianca o rossa si produceva la sapa (o saba), uno sciroppo dolce e denso, risultato di una lunga cottura in un paiolo di rame insieme ad una mezza dozzina di noci con il guscio, che rivoltandosi nel lento bollire, aiutavano il mosto a non attaccarsi al fondo. La sapa è detta anche vino cotto o miele d’uva, ed ha dirette affinità con il termine latino sàpor. Insieme al miele era il dolcificante più usato nell’antichità, quando lo zucchero di canna e di barbabietola erano ancora sconosciuti. I contadini, oltre che nei dolci, la utilizzavano per insaporire piatti poveri come la polenta, per intingervi altre pietanze (come ad esempio lo gnocco fritto), e per correggere vini deboli. Pellegrino Artusi, nella sua celebre opera La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, pubblicata per la prima volta nel 1891, nomina il prodotto tra gli sciroppi usando le seguenti parole: “La Sapa, ch’altro non è se non uno siroppo d’uva, può servire in cucina a diversi usi poiché ha un gusto speciale che si addice in alcuni piatti. E’ poi sempre gradita ai bambini che nell’inverno, con essa e colla neve di fresco caduta, possono improvvisar dei sorbetti”. Oggi la sapa è stata riconosciuta come Prodotto Agroalimentare Tradizionale, tipico di Emilia-Romagna, Marche e Sardegna, dove ha dato origine a caratteristiche pietanze, sia dolci che salate. In Sardegna la sapa, oltre che dal mosto, viene ricavata anche dai frutti del fico d’india, e chiamata Saba de figu morisca. Anche i pabassinas hanno ottenuto il riconoscimento di P. A. T. da parte dell’Assessorato dell’Agricoltura, e negli ingredienti base vengono identificati: farina 00, uva sultanina, uova fresche, vino cotto (sapa), margarina vegetale, zucchero, mandorle nazionali, latte e lievito chimico. Ma come dicevamo all’inizio esistono tantissime varianti, con aromi (cannella, vaniglia, scorze di arance e di limoni, semi di finocchio selvatico o di anice) ingredienti (burro, strutto, latte, sapa, miele, noci, mandorle, pinoli) e forme diverse, anche se la più comune è quella a rombo. Tradizionalmente venivano preparati nel giorno di Ognissanti, per essere regalati ai bambini che facevano la questua di casa in casa, per le anime dei morti. Allora le tavole restavano apparecchiate tutta la notte, e si riempivano di dolcezze per coloro che erano presenti solamente nei cuori di ciascuno. Oggi, che si è un po’ perso il legame con le stagioni e con le tradizioni, vengono preparati un po’ tutto l’anno, soprattutto in corrispondenza delle festività.
Con questa ricetta contribuisco al tema del mese dell’MTChallenge n.54, che parla dei dolcificanti alternativi allo zucchero di canna e di barbabietola, come la melassa, lo sciroppo d’acero, la sapa e il mosto cotto. Il mio articolo sul sito MTChallenge lo trovate qui.
I Pabassinas con la sapa
Ingredienti
Per la base
- 500 g di farina debole di grano tenero (W170)
- 150 g di strutto a temperatura ambiente
- 150 g di uva passa
- 150 g di zucchero semolato
- 120 g di mandorle pelate
- 120 g di gherigli di noce
- 2 uova a temperatura ambiente
- 100 ml di sapa
- la scorza grattugiata di 2 arance non trattate
- 1 pizzico di sale fino
- 8 g di lievito per dolci
Per la copertura
- 250 g di zucchero a velo
- acqua q.b.
- codette di zucchero colorate
Istruzioni
- Reidratare l’uva passa mettendola in una ciotola coperta di acqua tiepida per un quarto d’ora.
- Nel frattempo tritare grossolanamente le mandorle e le noci.
- Versare nella planetaria la farina setacciata, il lievito, un pizzico di sale, la scorza delle arance, lo zucchero e lo strutto. Impastare con il gancio a bassa velocità fino ad ottenere un composto sbriciolato
- Aggiungere le uova, continuando ad impastare, e appena vengono assorbite versare anche le noci e le mandorle tritate, e subito dopo l’uva passa ben scolata dall’acqua.
- Versare a filo la sapa, procedendo gradualmente, e continuando ad impastare a bassa velocità, utilizzando la quantità necessaria per avere un impasto compatto e morbido, che si stacca dalle pareti della planetaria. A me sono serviti 100 ml di sapa, ma la quantità può variare in base al grado di assorbimento della farina.
- Avvolgere l’impasto nella pellicola trasparente e far riposare in frigorifero per almeno 30 minuti
- Su una spianatoia leggermente infarinata stendere l’impasto con il mattarello ad uno spessore di circa 7 mm. Con un coltello ritagliare dei rombi (in base alle dimensioni ne verranno circa 35/40) e disporli su due o tre teglie ricoperte di carta da forno
- Cuocere in forno statico preriscaldato a 180° per circa 15/20 minuti, una teglia alla volta. Per verificare la cottura controllare che la base dei pabassinas abbia preso colore, ma la superficie deve risultare ancora leggermente morbida.
- Estrarre dal forno, far raffreddare, disporre su una gratella e ricoprire con una leggera glassa ottenuta mescolando qualche cucchiaio di acqua (circa 7/8) con lo zucchero a velo. Cospargere subito con le codette di zucchero colorate e lasciar solidificare.
- I pabassinas si conservano in una scatola di latta per biscotti per diversi giorni, anzi il giorno dopo sono ancora più buoni.
6 Comments
Paola
Mi ricorda qualcosa. ..;-)
Una bella versione! !
Un abbraccio! !!
Afrodita
Ciao Paola!!!
Ho scelto questa ricetta del tema del mese proprio perchè li avevo già fatti, anche se senza sapa, e conosciuti grazie a te!
Un pezzettino di Sardegna che mi tenevo stretto stretto….
tritabiscotti
che buoni! In Sardegna me li compravo sempre, da mangiare al mattino e da gustare al mare per merenda…! ^_^
Li proverò, così da non dover aspettare le prossime vacanze per mangiarli nuovamente!
Afrodita
E’ vero, sono buonissimi! Ricchi, sostanziosi, friabili, da mangiarne uno in fila all’altro. Quelli originali non li ho mai assaggiati purtroppo, quindi non posso avere un metro di paragone per quelli che ho faccio io. Se provi questa ricetta non dimenticarti di farmi sapere se li hai trovati simili a quelli che compravi in Sardegna. Buona domenica!
Fabio
Quanto sono belle queste tradizioni e chissà che sapore!
Fabio
Afrodita
Dall’aspetto sembrano dei semplici biscotti, anche un pò grezzi, ma ti assicuro che sono proprio buoni. Questi con la sapa ancora di più. E per le tradizioni concordo: è bello conoscerle e mantenerle vive!