Oggi, in base al Calendario del cibo italiano, patrocinato dall’Associazione Italiana Food Blogger, inizia la Settimana della penitenza, della quale ho il grande onore di essere ambasciatrice, insieme ad una delle ideatrici di questo importante progetto, la vulcanica Alessandra Gennaro. Sul sito dell’Associazione troverete l’articolo ufficiale, curato da Alessandra nella parte storica e introduttiva, e da me nella parte pratica, con la realizzazione di una ricetta da noi scelta come emblema della cucina di magro: gli Spaghetti da Quaresima di Pellegrino Artusi. Ma cosa si intende per cibi “di magro” e “di grasso”, e quando sono nate le prime restrizioni alimentari?
Secondo il calendario liturgico Cristiano la Quaresima segna i giorni che passano dalla fine del Carnevale, quindi dal Mercoledì delle Ceneri, fino al Sabato Santo che precede la Pasqua. A partire dal primo Medioevo la Chiesa impose in Europa delle rigide regole alimentari, decretando che i periodi di festa dovevano essere alternati ad altri di digiuno. Ciò significava rinunciare ai cibi animali, in segno di penitenza, per ben tre giorni la settimana (solitamente il mercoledì, il venerdì e il sabato), durante l’intero periodo di Quaresima e nei giorni prefestivi. Il digiuno si faceva per mortificare il corpo e rafforzare l’anima, in ossequio alla convinzione dell’epoca che vedeva il corpo come inferiore, e per ricordare il sacrificio compiuto da Gesù durante i quaranta giorni trascorsi nel deserto.
Lo scopo non era dipingere alcuni cibi come impuri, ma piuttosto impartire una lezione spirituale di auto-moderazione attraverso l’astinenza. Durante giorni di digiuno particolarmente rigido il numero dei pasti giornalieri si riduceva ad uno. La costosa carne degli animali terrestri era la regina della categoria proibita, e il poco dispendioso e umile pesce spiccava nel gruppo dei cibi “magri”, insieme a uova e latticini.
Durante il regno di Carlo Magno, la trasgressione dei periodi di magro era punita con la pena di morte, e la Chiesa spingeva i fedeli ad osservare il digiuno vietando la vendita di carne ai macellai. Il primo libro nel quale entrano in scena i cibi di magro e di grasso è “La bataille de Caresme et de Charnage” (La battaglia della Quaresima e del Carnevale), testo francese del 13° secolo, nel quale si narra dello scontro tra le armate dei pesci e delle carni. I naselli si scontrano con i capponi arrosto, la passera e lo sgombro con la carne di bue, le anguille con le salsicce di maiale. Le verdure militano in entrambi gli schieramenti a seconda di come sono condite: i piselli crudi o all’olio di qua, quelli al lardo di là. Ciò implicava una considerazione della carne come cibo per eccellenza, massimo desiderio alimentare: su questo, la cultura medievale non aveva dubbi. Nell’immaginario collettivo il grasso era il valore forte, il magro un semplice surrogato. Il cerchio dei cibi concessi si restringe ed i cristiani sono costretti a ripiegare sul pesce, sulle verdure e sui legumi.
Il cercare di aggirare il problema delle restrizioni, e di portare comunque in tavola qualcosa che gratificasse il palato, portò cuochi e chef ad aguzzare l’ingegno, a trovare dei trucchi, e fu così che vennero creati quei piatti che sono ancora alla base della nostra gastronomia. Come scrisse Bridget Ann Henisch: “Fa parte della natura umana costruire le più complicate gabbie di regole e regolamenti in cui rinchiudere se stesso, e poi, con la stessa ingenuità e gusto, spremersi il cervello su come riuscire a sfuggirne di nuovo. Il digiuno era una sfida: il gioco consisteva nel trovare le scappatoie”.
Solo dopo il Concilio Vaticano II, svoltosi tra il 1962 e il 1965, le limitazioni alimentari si ridussero concretamente, ciò significa che, solo fino a cinquant’anni fa, in Quaresima era imperativo mangiare di magro. Nella lista dei cibi da portare in tavola spiccavano pane, polenta, zuppe o minestre di ortaggi, tortelli a base di erbe, e pesce per lo più conservato sotto sale o essiccato. Vero companatico della povera gente, emblema del periodo, era l’umilissima aringa, arida e secca, ma forte di sapore e di odore, e doveva solitamente bastarne una sola per tutta la famiglia. Nelle case più povere la si teneva appesa penzoloni ai legni del soffitto, ad altezza d’uomo, per sfregarla sopra il pane. Ma un cibo su tutti riuscì ad emergere rispetto agli altri per la grande varietà di elaborazioni, e per la sua versatilità: la pasta.
Essa si sposava perfettamente con pesce, legumi e verdure di ogni tipo, ed entrò nei ricettari medioevali e rinascimentali come cibo di magro. Già nel I° secolo a.C. Cicerone ed Orazio erano ghiotti di lagana, una schiacciata di farina tagliata a strisce e poi cotte in acqua, o fritte, cui si fanno risalire le attuali lasagne. Nel “De re coquinaria” di Apicio , collocato nel I° secolo d.C., compare la ricetta di un timballo di lagane. Successivamente nel “Libro de Arte Coquinaria” scritto da Maestro Martino da Como, introno alla metà del 1400, si trovavano ben quattro ricette di pasta, e si poteva leggervi le seguenti istruzioni: “distempera la pasta e filala sottile rompendola a pezoli piccini con le dita, a modo di vermicelli, e ponelia a seccare al sole, e dureranno doi o tre anni”.
Nacquero così una molteplicità di preparazioni e di ricette che videro la pasta come protagonista, che vennero inizialmente elaborate per rispondere agli obblighi liturgici, ma che contemporaneamente diedero il via a capitoli nuovi nella storia dell’alimentazione. Ed è proprio una ricetta a base di pasta, gli Spaghetti da Quaresima, che ritroviamo, a distanza di secoli, nella grande opera di Pellegrino Artusi, “La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, come rappresentativa della cucina della penitenza. Quindi che aspettate? Andate subito a leggerla!
E non perdetevi gli articoli e le ricette a tema scritte dai vari contributors:
La cucina della penitenza di Alessandra Gennaro
Pan di ramerino di Sara Sguerri
Minestra di riso e castagne secche di Fausta Lavagna
La cucina della Quaresima di Erica Repaci
Prepariamoci alla Quaresima di Bonello Marianna
Stoccafisso e patate per la settimana della penitenza di Anna Calabrese
6 Comments
alessandra
bellissimo post, che completa le parti mancanti sul sito. E’ stato un grande piacere, collaborare con te! speriamo ci siano altre occasioni!Grazie davvero!
Afrodita
Il piacere è stato tutto mio, una gran bella esperienza, un importante momento di crescita e approfondimento, con una grande compagna di avventura!
Mille grazie a te di cuore!
La cucina di Anisja
Bellissimo post e stupenda ricetta, complimenti!
Grazie per l’ospitalità, a presto …
Afrodita
Grazie Anna, sono io che ti ringrazio per aver dato il tuo importante contributo.
Un bacio
fausta lavagna
e io l’ho letta e goduta con gli occhi, la tua ricetta! E’ molto bella ed ha un sapore di spezie, “d’altri tempi”. Tante notizie interessanti ed approfondimenti al tema, in questo tuo post decisamente tutto da scoprire! Un abbraccio
Afrodita
Le spezie, abbinate allo zucchero, sono un condimento al quale non siamo più abituati, e che può lasciare perplessi. Però dosandole nel modo giusto, possono riservare delle grandi sorprese. Grazie mille, perchè so che tu hai sicuramente quella profondità e quella curiosità che ti portano a poter apprezzare veramente un post storico come questo.