I vari tipi di farina di grano (o frumento): caratteristiche e utilizzo in cucina

Esistono tantissimi tipi di farine (di mais, di orzo, di segale, di avena, di castagne, di grano saraceno, di riso, di mandorle….) ma quelle più diffuse e utilizzate nel mondo sono le farine di grano (conosciute comunemente come farine di frumento).

Solitamente con il termine generico farina viene indicata la farina di grano tenero, e con il termine semola la farina di grano duro. In realtà il mondo della farina di grano è ben più complesso ed articolato e sarebbe importante conoscerlo a trecentosessanta gradi,  per poter scegliere il prodotto più adatto al tipo di preparazione da realizzare e in linea con le nostre esigenze nutrizionali.

Il grano (triticum in latino) è una pianta erbacea della famiglia delle Graminacee ed è un cereale di antica coltura, presente già 5000 anni fa in medio oriente. Esistono tantissime varietà e specie di grano, ma le più conosciute ed utilizzate per l’alimentazione umana sono il grano duro (triticum durum) e il grano tenero (triticum aestivum), le quali, nonostante facciano parte della stessa famiglia, sono molto diverse tra loro dal punto di vista cromosomico. Le piante di grano presentano delle infiorescenze chiamate spighe, all’interno delle quali si trovano i chicchi, che sarebbero in pratica i frutti della pianta. E sono proprio i chicchi ad essere importanti per l’industria molitoria, poichè è proprio da loro che si estrae la farina.

I chicchi di grano, chiamati cariossidi, sono formati da:

  • una cuticola esterna, composta da vari strati (tegumento, pericarpo e strato aleuronico) che serve a proteggere il chicco. Contiene soprattutto fibra, ma anche vitamine del gruppo B, minerali e composti fenolici. Costituisce il 14% del chicco.
  • una parte centrale, chiamata endosperma, che fornisce il nutrimento al germe,  composta da amidi (ossia carboidrati complessi), proteine e piccole quantità di vitamine del gruppo B.  Amidi e proteine andranno a creare il glutine. Costituisce l’83% del chicco.
  • un germe interno, il quale germogliando darà origine ad una nuova pianta,  ricco di grassi polinsaturi, vitamine del gruppo B e del gruppo E, minerali, composti fenolici e antiossidanti. Costituisce il 3% del chicco.

Durante il processo di estrazione della farina, parte del rivestimento esterno viene eliminato (anche se in percentuali diverse in base al grado di raffinazione della farina finale), andando a formare la crusca (destinata all’industria zootecnica), poi viene rotto e macinato l’endosperma, dal quale si ottiene la farina. Anche il germe interno viene scartato, e destinato alla preparazione di integratori dietetici e cosmetici. Questo tipo di lavorazione è sempre valido, a meno che si voglia ottenere della farina integrale, e in questo caso si utilizzano tutte le parti del chicco. Diventa quindi importante calcolare la resa in farina di un chicco, che generalmente oscilla tra il 70% e l’ 82%, il rimanente 18/30% è un prodotto di scarto, costituito per la maggior parte da crusca, cruschello e farinaccio.

Con il tasso di estrazione (o tasso di abburrattamento) si misura la quantità di farina ottenuta macinando 100 Kg di grano: tanto più questo indice è alto, tanto più la farina è grezza. Quindi partendo dalla farina integrale, con un tasso di estrazione del 100% (più scura  e ricca di crusca) si arriva fino alla farina “00” con un tasso di estrazione di circa il 70% (più bianca e priva di crusca).

Farine di grano tenero

Partendo dal tasso di estrazione più alto, fino a quello più basso, ecco le farine risultanti dalle varie fasi della macinazione del grano tenero:

  1. Farina integrale: realizzata con tutto il chicco è la più completa dal punto di vista nutrizionale. Ideale per pane, focacce, pizza rustica e pasta integrale.
  2. Farina di tipo 2: realizzata con buona parte di crusca, è ancora abbastanza ricca di proteine e fibre. Ideale per pane e pizza.
  3. Farina di tipo 1: progressivamente con meno crusca e meno proteine rispetto a quella di tipo 2. Ideale per pane e pizza.
  4. Farina di tipo 0: è la farina di prima scelta, bianca, con molti amidi e poche  proteine. Ideale per pane e pasta fresca.
  5. Farina di tipo 00: proveniente dalla macinazione del solo endosperma, ossia la parte più interna del chicco, è la più bianca e la più leggera, chiamata “fior di farina”. Priva di crusca, è costituita quasi esclusivamente da amidi, ed è la più povera dal punto di vista nutrizionale, avendo i più bassi livelli di proteine, sali minerali, vitamine e fibra. Ideale per pizza, dolci, pasta fresca, besciamella e pasta all’uovo.

Farine di grano duro

Il grano duro contiene più proteine di quello tenero, circa il 13%,  e dalla sua macinazione si ottiene la semola, uno sfarinato con una granulometria più accentuata rispetto a quella della farina di grano tenero, e un caratteristico colore giallo ambrato, che si ripercuote  sui prodotti  finali. In base al tipo di macinazione si possono ottenere vari tipi di farina, questi sono i più comuni:

  1. Semola, sfarinato grossolano, di colore giallo ambrato, risultato della prima macinazione del grano duro, utilizzata principalmente per la produzione di pasta secca, ma anche per pane, gnocchi alla romana e dolci tipici.
  2. Semola rimacinata, chiamata anche semplicemente farina di grano duro, ottenuta dalla rimacinazione della semola, con una granulometria più fine, viene utilizzata per la panificazione, pura o mescolata con farina di grano tenero (un esempio è il tipico pane a pasta gialla Altamura).

 Curiosità: in Italia una legge stabilisce che la pasta secca debba essere realizzata con la farina di grano duro.

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